finalmente c'è

La perdita di tempo perfetta per chi non ha tempo da perdere

TpG: docz: Capitano contro Pirata: 6

SESTO CAPITOLO
Le folli notti del Capitano Hornblower

Nel quale si racconta di come il Capitano Hornblower soffra di grave insonnia, e delle buffe avventure che gli capitano durante le sue notti in bianco.

Una notte, il capitano Hornblower non era tranquillo. Non era per niente tranquillo. L’oceano, quando nasconde qualcosa, te lo fa sentire nelle ossa. E le ossa del capitano non dicevano niente di buono. Si alzò, e si diresse verso il ponte di comando, per verificare la rotta. Fermatosi di fronte a uno specchio in un corridoio, incominciò a schiacciarsi i brufoli. Così facendo, si tranquillizzò.

Una notte, con il mare una tavola d’olio e il cielo trapunto di stelle, il Capitano Hornblower sognava di essere Peter, il fidanzato di Heidi; sognava di correre felice, nei campi fra le montagne, mano nella mano con Heidi, e il cane Nebbia che correva dietro a loro, e il Nonno che li guardava sorridendo, da lontano, sempre da più lontano, e a un certo punto si ritrovano in un boschetto, e allora Heidi scacciava Nebbia, Peter e Heidi si nascondevano dietro un cespuglio, e Peter diventava tutto rosso, e Heidi lo guardava negli occhi, e Peter diventava ancora più rosso e cominciava a battergli forte il cuore, e Heidi sorrideva maliziosa, e Peter sudava forte, e Heidi cominciava a sbottonarsi la camicetta, e proprio allora il Capitano fu svegliato da un urlo del capitano in seconda: "un tifone! Annegheremo tutti!". "Ma chi se ne frega!", rispose il Capitano, e, giratosi dall’altra parte, tornò a sognare.

Il Capitano Hornblower, in una notte d’estate splendida, serena e tranquilla, il mare una tavola d’olio, il cielo una tavola d’olio e la luna una teglia di pizza unta che grondava olio, uscì dalla propria cabina e si aggirava per i ponti deserti. Solo, un uomo al timone vigilava sulla rotta. Altri uomini, di vedetta a prua, giocavano a tressette col morto alla luce gialla di una lanterna a petrolio. Il Capitano Hornblower restò un attimo rapito dalla magia silenziosa della notte, con il mare che sciabordava sulle fiancate e una brezza leggera che spingeva la nave sul mare piatto. Un attimo, un’eternità. Poi si diresse verso la cambusa, e si trangugiò un prosciutto, tre chili di pane e un barattolo di lardo al pepe, ormai rancido dal gran caldo.

Il Capitano Hornblower soffriva di un’insonnia gagliarda. Spesso si alzava, si aggirava per la nave, fin giù nelle stive, fino al deposito dei barili d’acqua e delle funi di scorta. Oppure sul ponte, a scrutare l’orizzonte, le stelle, l’oceano. Oppure in cabina sua, a leggere Tex Willer.

Ecco, Tex Willer lo calmava. Tex sapeva sempre cosa fare, in ogni luogo, con ogni condizione atmosferica, contro ogni nemico, contro ogni pretattica, contro gli infortuni, un sorteggio sfavorevole e l’arbitro venduto. Ecco, Tex Willer era uno che vinceva Coppa dei Campioni, Coppa delle Coppe, Coppa Uefa, Coppa Intercontinentale, record dell’ora e torneo di bocce in modo pulito, senza destare sospetti. Ecco, lui voleva essere Tex Willer. Ecco. A quel punto, tirava fuori dall’armadio cappellaccio e cinturone, si metteva davanti allo specchio, e si sfidava a duello da solo: "Questa nave è troppo piccola per tutti e due, straniero! Peste!"

Poi si rimetteva a letto, e prendeva sonno come un bambino, sognando di Lilith, piccola sposa indiana uccisa dagli speculatori (Tex Willer n° 20, ‘Morte rossa’, episodio ‘cavalcata senza fine’, pagg 34-39).

Altre letture del Capitano Hornblower: manuali di giardinaggio, manuali di navigazione, manuali di giardini naviganti, manuali per navigare in giardino, manuali e basta, il Grande Libro delle ghiottonerie di Wilma de Angelis, Anche tu Cuoco in dieci minuti (’per chi non ha tempo da perdere dietro i fornelli’), Anche tu Presidente del Consiglio in cinque minuti (‘guida pratica al conflitto di interessi’), Diventa anche tu papà in dieci minuti (‘per chi non usa contraccezione’).

Al Capitano Hornblower sarebbe piaciuto davvero tanto ‘appoppare’. Sentì per la prima volta da bimbo questo verbo, che colpì la sua fantasia, soprattutto quella erotica: s’immaginava chissacheccosa, chissaconchi, chissaquando, comunque una cosa era chiara: sognava qualcosa di rotondo, morbido e materno.

Quando, durante una tempesta, vide i suoi marinai che freneticamente spostavano barili, casse e altre masserizie a poppa, per dare alla nave maggiore stabilità, ebbe chiaro il significato del termine ‘appoppare’: ‘spostare un carico verso la poppa di un natante o di un aereo’. Datosi che al tempo del capitano gli aerei non c’erano ancora, restava una seconda ipotesi.

Il suo stupore fu grande: tutti gli ingenui si stupiscono della propria ingenuità, sennò non sarebbero ingenui, ma minchioni.

Non so dire se questa frase abbia un senso compiuto, ma non importa: non perdiamoci i n questi dettagli minimi, quando dobbiamo andare al massimo.

Beh, se non altro piove.

Una sera, l’equipaggio era in subbuglio. Aveva visto in lontananza le luci lontane di un vascello senza bandiera, e avvicinandosi non si vedeva nessun segno, e avvicinandosi i marinai conobbero il terrore senza fine del Sandy Cow , il vascello fantasma che ormai da mezzo secolo naviga sull’Atlantico, con un equipaggio di sosia di Paolo Limiti: il terrore senza fine abbrancò nella notte buia i timidi marinai dell’Invincible, molti meditarono il suicidio e cominciavano già a tagliarsi le vene, quando accorse il Capitano Hornblower col telecomando, e cambiò canale, e il Vascello maledetto sparì: apparve Orietta Berti che faceva una televendita di scopini da cesso in madreperla. Tutti si tranquillizzarono.

Una notte, il Capitano Hornblower si svegliò di soprassalto: aveva fatto un brutto sogno. Dato che si era svegliato, e che faceva fatica a riprendere sonno, decise di andare a farsi un panino. Col salame cotto. Entrando nella cambusa, sbattè la testa contro una trave bassa del soffitto e si svegliò nuovamente: aveva solo sognato di aver fatto un brutto sogno e di svegliarsi e di andare in cambusa, a farsi un panino. Dato che si era svegliato, decise sul serio di andare in cambusa a farsi un panino. Nell’uscire dalla sua cabina, inciampò in una gomena arrotolata, dimenticata lì da qualche figliodicane di marinaio, e il capitano Hornblower cadde, sbattendo il naso, e cominciò a sanguinare, e dal dolore si svegliò: aveva solo sognato di svegliarsi per farsi un panino, mentre stava sognando di essersi svegliato da un brutto sogno e stava per farsi un panino. Dato che si era svegliato, decise di andare in cambusa a farsi un panino: nello scendere le scale per la cambusa, inciampò in un pattino a rotelle dimenticato da un marinaio burlone, cadde rovinosamente battendo il deretano sui duri scalini lignei, e si svegliò: stava sognando di essersi svegliato (per poi farsi un panino) da un sogno dove si era svegliato (per poi farsi un panino) da un sogno dove si era svegliato (per poi farsi un panino). Il capitano, dato che si era svegliato, a questo punto aveva proprio voglia di un panino, ma riflettè un attimo, e si disse: “ma guarda se tocca fare tutto sto casino per un panino: mavaffanculo!”. Si girò dall’altra parte, e riprese sonno, senza panino.

Una notte il Capitano Hornblower si svegliò all’improvviso, folgorato da un pensiero subconscio, un presentimento prepotente, un impulso irrefrenabile che lo turbò nel profondo e lo agitò interamente: uscì dalla cabina, percorse tutti i corridoi, andò sul ponte, si arrampicò sulla coffa d’avvistamento, ridiscese lungo il sartiame, fece visita alla plancia di comando, al cassero di poppa, eppoi passò in rassegna i cannoni, eppoi il castello di poppa, eppoi gli argani per le ancore, eppoi la prua, si inerpicò sul bompresso, su fino agli argani che tendevano il sartiame, eppoi ridiscese, eppoi scese sottocoperta, entrò nelle stive ove erano ammassate le riserve di acqua dolce, si recò alla cambusa, alla santabarbara, al magazzino delle vele di scorta, eppoi fece un giro per i dormitori della ciurma, percorse i passaggi angusti fra le amache dei marinai che russavano, i fetidi marinai russavano fetidamente rendendo fetida l’aria della sottocoperta, eppoi passò per le cucine deserte, eppoi ripercorse i corridoi degli ufficiali, entrò nella cabina del capitano in seconda, lo svegliò, fece un rapido giro per la sua cabina, uscì, di nuovo percorreva i corridoi silenziosi, e alla fine, stremato dal tanto camminare, rientrò nella sua cabina, si gettò sconsolato sul letto ed esclamò: "Ma da qualche parte l’avrò pur lasciato, quel cazzo di orologio!"

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