finalmente c'è

La perdita di tempo perfetta per chi non ha tempo da perdere

TpG: docz: Capitano contro Pirata: 2

SECONDO CAPITOLO

Nel quale viene illustrata dettagliatamente la figura e le opere del Capitano Hornblower.

Il Capitano Hornblower era un marinaio silenzioso e sicuro di sé, vecchio stampo, di quelli che adesso non se ne fanno più; la sua silenziosità ispirava rispetto, il suo volto bruciato dal sole atroce dei Mari del Sud dava l’idea della solidità, la sua barba curata trasmetteva l’idea di un uomo dalla poca fantasia e dal senso pratico gagliardo, e i suoi vestiti spandevano d’attorno un gradevole odore di lavanda, di legno di sandalo, di rosbif ai funghi e di peperonata.

I suoi nervi saldi e la sua granitica moralità erano proverbiali come del resto la sua umanità e la sua gentilezza, che sembrava timidezza e che sconfinava abbondantemente nella rassegnazione. Insomma era un tontolone magna e dormi, altrimenti detto dal popolino “minchione”. Era amato e rispettato da tutti i suoi marinai, che non mancavano di riempirlo di guano ogni volta che volevano divertirsi un po’. Il capitano, immerdato per bene, non li rimproverava. "Cosa volete farci, sono ragazzi". Diceva al Capitano in Seconda, che gli puliva con uno straccetto i galloni dagli escrementi.

Il Capitano in seconda: un omuncolo senza qualità. Ogni tanto, qualche pallottola profumata colpiva anche lui. Il prezzo della condiscendenza verso il Capitano. Aveva rispetto, per quell’uomo. D’altra parte, se non fosse stato per il Capitano, che lo arruolò come mozzo a soli quindici anni, chissà adesso dove sarebbe. Magari sotto padrone in qualche buia bottega di calzolaio, a sgobbare quattordici ore al giorno e a prendere merda in faccia.

Nel pensare a ciò, una sfera perfettamente levigata di escrementi suini lo colpì in pieno viso, spappandosi come il cacio sui maccheroni.

Meriterebbe dire due parole a proposito del Cuoco di bordo.

Il cuoco di bordo: era un muratore, che aveva fatto il rigattiere, lo sciupafemmine, il millantatore e l’alcolizzato. Dopodiché, finito in prigione per omicidio, abigeato, adulterio e insulto a pubblico ufficiale, trovò la retta via dell’onestà diventando il cuoco del carcere, e mettendo a frutto l’esperienza di muratore impastava quintali di sbobba calcestruzzica, che veniva spacciata ai carcerati come rancio. Ora proseguiva la sua brillante carriera di nemico dell’umanità preparando manicaretti a presa rapida per la ciurma.

L’Invincible, uscito dal porto in tutta fretta, prendeva velocità che era una meraviglia: il vento possente gonfiava le vele, la prua possente fendeva le onde spumose, il timone possente dirigeva la nave possente verso immensità azzurre, e l’equipaggio possente, composto da umili e grezzi marinai possenti, andava a cercare sul vocabolario cosa voleva dire la parola ‘possente ‘.

Dotazioni di bordo dell’Invincible: 180 cannoni, 20 colubrine, 184 camere, due piscine (una all’aperto, l’altra interna, abbellita con mosaici, stucchi, ampie vetrate con suggestivi giochi di luce che danno un’atmosfera calda e rilassante, e minchiate del genere). Ha un’attrezzatissima palestra, un centro estetico, un minimarket hard discount molto hard (si entra solo in topless) e un pizzicagnolo untuoso. Nei suoi quattro ristoranti e’ possibile gustare una scelta vastissima della cucina tipica e internazionale. Il menù cambia quotidianamente. Prezzi: suite con piscina privata: 120 ghinee d’oro. Suite imperiale con concubina acclusa: 80 ghinee d’argento. Junior suite, con baby sitter procace per il sollazzo precoce degil appetiti sessuali precoci: 115 ghinee di bronzo. Suite con vigorosi schiavi seminudi che vi fanno vento con grandi foglie di palma: 130 ghinee di pongo. Suite con vigorosi schiavi seminudi che vi fanno vento con foglie di ippocastano malato: 89 ghinee false e tendenziose. Camera modesta, con macilenti schiavi seminudi tripponi che giocano a tressette e leggono la Gazzetta dello Sport: 7 scellini e una golia. Bevande, mance, ultra e non plus ultra esclusi.

Il Capitano Hornblower li trattava bene, i suoi uomini. Era un Capitano Illuminato, Fosforescente, si potrebbe quasi dire. Sarà stato quel viaggio premio a Cernobil. Era gratis: a caval donato non si guarda in bocca, soprattutto se ha mangiato aglio.

Laccio. Randa. Controranda. Randa II: la vendetta. Randa III: alla ricerca del sacro Graal. Vela di straglio di belvedere. Vela di straglio di gabbia. Vela di straglio di velaccio. Velaccio di straglio di vela. Straglio in braghe di tela. Straglio di vela di velaccio di velaccino di velaccetto di velacciuolo di velaccione di velaccia putrida. Velaccio lo dici a tua sorella. Controvelaccio. Controvelaccio con i fiocchi. Controvelaccio con i fiocchi, le trine, le gale e i pizzi. Velaccio fisso. Velaccio volante. Velaccio semovente. Velaccio conturbante. Velaccio con i fichi. Velaccio doubleface, in vero piumino d’oca. Velaccio malgascio. Gabbia volante. Gabbia fissa. Gabbia alle quattro stagioni. Gabbia mari e monti. Gabbia alla diavola. Gabbia al civet. Controvelaccino. Velaccino fisso. Velaccino volante. Velaccino otropedico. Parrocchetto fisso. Parrocchetto volante. Parrocchetto parlante. Donna al volante, pericolo costante. Parrocchetto diligente. Fiocco. Controfiocco. Fiocchi e controfiocchi. Pelo e contropelo. Pro e contro. Capra e cavoli. Botte piena e moglie ubriaca. Maestra. Mezzana. Trinchetto. Poldo. Pisellino. Olivia. Popeye (o Braccio di Ferro chedirsivoglia). Abbiamo trasmesso i nomi tipici delle vele di un vascello.

Al largo delle isole Ebridi, con le onde spumeggianti che in lontananza si increspavano, e il cielo che andava annerendosi all’orizzonte, al capitano Hornblower la nostalgia di casa giocò un brutto scherzo: gli rese un magone da paura, abbandonò il ponte della nave (ove sfidava indomito il vento gagliardo che gli sbatteva in faccia), si ritirò nella sua cabina e si mise a piangere, ciucciandosi il pollice.

Intanto, mise a scaldare il biberon, e una volta che il latte fu caldo, si fece un Invincible strong cocktail: latte caldo, due parti di gin, due parti di rhum, un biscotto plasmon sbriciolato, una rapa grattugiata. E giù tutto d’un fiato, nel gargarozzo.

Un’ondata alcolica senza senzo investì le sue viscere, provocando smottamenti epatici, disagi ai valichi di frontiera e divieto di transito ai furgoni telonati e ai motocaravan, il tutto accompagnato da lugubri scricchiolii di origine intestinale. Ebbe per un attimo la visione del Paradiso Navajo, con Manitù che giocava a briscola, e barava, ma si sentì subito meglio, fece il ruttino e tornò sul ponte di comando, a sfidare il vento impetuoso dell’Atlantico, che sbatteva onde spumose ruggenti sulle fiancate possenti dell’Invincible. Che, in quanto invincibile, dell’Oceano, delle Onde e del vento se ne fotteva.

Nella vita, è importante avere una Missione. C’è gente, ad esempio, che ha come missione la rottura di balle del prossimo, e bisogna dire che costoro riescono benissimo nei loro intenti.

La missione del capitano Honblower era ben precisa: catturare il perfido pirata Barbabigia, terrore degli oceani, dei mari, dei fiumi e delle vasche da bagno di tutto il mondo. Dopo aver catturato il pirata, bendato, drogato e torturato per estrocergli i nomi dei suoi complici, eppoi dopo averlo processato sommariamente per mezzo di un processo-farsa, dopo avergli cavato gli occhi, mozzato una mano, sparpagliato gli intestini sul ponte e dato in pasto ai pesci ciò che ne rimaneva, il capitano Hornblower doveva ricordarsi di passare al mercato a comprare un chilo di albicocche, non troppo mature, che sua moglie doveva fare la marmellata.

C’era una taglia, sulla testa del Pirata: il governatore della Virginia Spotswood, con apposito proclama, aveva stabilito un compenso di 100 ghinee d’oro per chi catturava Barbabigia, 40 per chi consegnava vivo o morto il timoniere del vascello del Pirata Barbabigia, 20 per un secondo del Pirata Barbabigia, 15 per un subalterno del Pirata Barbabigia, 10 per un mozzo, 5 per un topo del vascello di Barbabigia, 1 penny per chi fosse entrato in possesso di un pelo della barba di Barbabigia e un ghiacciolo al limone per chi soltanto avesse asserito di averlo visto mentre faceva la fila alla posta mentre pagava la bolletta della luce.

Vi era anche una ricompensa per chi aveva fatto le elementari con Barbabigia: costui veniva impiccato senza troppi complimenti, in quanto possibile complice innocente di un turpe individuo.

Con le cento ghinee d’oro della taglia il Capitano Hornblower contava di dare una dote alla figlia, di rifare il vialetto d’ingresso di casa sua, di piastrellare a nuovo il bagno e di comprare un arcolaio nuovo per la moglie. Con i soldi che avanzavano, si sarebbe comprato un’isoletta tranquilla, sarebbe andato a vivere colaggiù attorniato da formose indigene seminude e una scorta colossale di oppio, e per il resto della sua vita sarebbe vissuto facendo il pescatore solitario e il porcone incallito, lontano da quelle rompiballe di sua moglie e di sua suocera e di sua figlia.

La storia della cattura di Barbabigia era una grossa vigliaccata. Il re Giorgio d’Inghilterra, difatti, aveva dapprima dato libera licenza di saccheggio al Pirata, raccomandadogli vivamente di assaltare, depredare, incendiare ogni bastimento spagnolo, all’insegna del "sii crudele, bastardo e infame", e dappoi il Re aveva cambiato idea, e adesso voleva catturarlo per sbatterlo in prigione come un volgare criminale qualsiasi.

C’è da dire che Re Giorgio era mezzo rincoglionito dall’età, ma a parte questo, non era una cosa pulita lo stesso.

Ma al capitano Hornblower queste cose non fregavano. Lui catturava il Pirata, incassava la taglia, passava dal fruttivendolo e si comprava le albicocche. E vaffanculo tutto il resto. E vaffanculo pure a Re Giorgio, quel vecchio coglione: l’ultima volta che l’aveva visto, quel re del piffero, era chinato a terra a disquisire di sesso con le formiche, quel vecchio porco.

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