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TpG: docz: Capitano contro Pirata: 3

TERZO CAPITOLO
Il Pirata Barbabigia

Nel quale si descrivono molto dettagliatamente le opere debosciate e la condotta di vita riprovevole del Pirata Barbabigia.

Il Pirata Barbabigia era un pirata spietato per eccellenza: con la sua turpe ciurma di tagliagole e grassatori puzzolenti assaltava le navi, le depredava, sgozzava i marinai, rubava il bestiame, dava fuoco ai granai e stuprava le donne. Dopodiché, arrivavano le giubbe blu, che lo inseguivano nei canyon, ma lui pescava il cartoncino delle probabilità e andava direttamente a Parco della Vittoria, dove metteva gli alberghi.

Il Pirata Barbabigia comandava la fregata ‘Bloody Mary’: una parte di vodka, una parte di succo di pomodoro, una fetta di limone e un wurstel equilibrista.

Dotazioni della fregata Bloody Mary: 160 uomini di equipaggio, 24 cannoni, tre alberi, un timone, un bompresso, una sirena nuda di legno come polena, una serie di sirene nude di legno a poppa, tante piccole sirene nude intagliate lungo il parapetto della nave, un calendario Pirelli nella cabina del capitano, svariati calendari da meccanico con tettone nude in giro per i ponti, gigantografie di Anna Falchi in vari epose plastiche nella cambusa. Completavano la dotazione di base tendine coprilunotto con la faccia di marilin, arbre magique alla mela verde in plancia di comando, e un cotechino schiumogeno.

Sul pennone del lugubre naviglio sventolava, fiera e gagliarda al vento dell’oceano, la lugubre bandiera nera dei pirati, con il lugubre teschio e le due lugubri ossa incrociate e sotto, scritto piccolo piccolo, ‘chi tocca i fili muore’.

Il Pirata Barbabigia aveva due mogli, dieci amanti, cinquanta concubine e settanta puerpere: nonostante cio’, era molto timido.

I folli amori e le avventure riproduttive del Pirata Barbabigia gli avevano fruttato sette figlie, tutte allegre, simpatiche, divertenti, e orrende come la scarlattina. Ad ogni viaggio di ruberie e depredazioni attorno al mondo il Pirata le imbarcava sul vascello con lui, nella speranza che qualche rozzo marinaio, evidentemente ubriaco (oppure idiota), abusasse di loro e regolarizzasse la situazione con un matrimonio riparatore.

Ciò non accadeva mai: piuttosto che concupire quelle sette disgrazie semoventi e baffute, i pirati si facevano mozzare una mano, guerciare un occhio e tagliare una gamba dal cuoco di bordo, che la faceva al forno.

Stabilite queste regole, le atroci figlie del Pirata erano tuttora zitelle, tutti i marinai del ‘Bloody Mary’ erano tuttora ciechi da un occhio senza una mano e con una gamba di legno, e tutte le sere il menù del rancio comprendeva ‘stinco di pirata con patate’.

Il Pirata Barbabigia era cattivo con le donne. Ma questo non ce lo deve far sembrare antifemminista: sapeva comportarsi in modo egregiamente spregevole anche con gli uomini.

Al Pirata Barbabigia piaceva tanto impiccare la gente. ‘Finché sono io a impiccare gli altri, l’impiccagione mi sta simpatica’, amava ripetere.

In effetti, l’impiccagione dava emozioni che gli squali non davano: quando si faceva camminare un fedifrago a caso sull’asse, bendato, pungolato dalla sciabola, costui cadeva in mare, ma veniva subitaneamente sbranato dagli squali e tutto si riduceva a un vago spumeggiare dell’oceano, e lo spettacolo non era granché. Tutt’altra cosa quando lo si impiccava: in tal caso il fedifrago scalciava, rantolava, si contorceva nell’agonia, e insomma meritava

Come spettacolo, voglio dire, tra impiccagione e squalamento c’è la stessa differenza che c’è tra vedere un film al cinema e alla televisione: non c’è paragone.

Constatato ciò, sul Bloody Mary c’era almeno un’impiccagione alla settimana. Il sabato pomeriggio: ci si radunava sul ponte, il Capitano sceglieva il morituro, e fra i pirati accalcati per vedere lo spettacolo passava un mozzo di vascello a vendere i bagigi, lo zucchero filato e il torrone.

Panem et circenses, diceva il Pirata Barbabigia. Non perché sapesse il latino, ci mancherebbe; lo diceva solo perché aveva bevuto molto gin.

Questo tanto per dare un’idea.

Onde rimpinguare l’equipaggio decimato dalle esecuzioni, dai combattimenti, dalle malattie e dai suicidi, era costume fra i pirati arruolare a forza le nuove leve: sbarcati a terra in un porto dell’Atlantico, veniva scelto un giovane gagliardo di fisico e sveglio d’intelletto, lo si faceva stordire in una bettola con un micidiale cocktail soporifero (whisky, rum, laudano, oppio e trippa spray), e lo si caricava a forza sulla nave. Quando si svegliava il capitano Barbabigia, onde illustrarli mediante un esempio pratico il tenore di vita che si conduceva a bordo, cominciava a tiragli dei gran calci nelle palle.

Il Pirata Barbabigia aveva un efficace metodo per svezzare le reclute e temprarle nel fisico e nell’animo, facendo di loro uomini che unissero bassi istinti materiali con turpi principi morali: il classico metodo del bastone e della carota. Il novellino si comportava male? Pam, gli sparava un colpo di pistola nelle chiappe. Se l’uomo urlava dal dolore, pam, altra plumbea pallottola nel molle gluteo. Il novellino si comportava bene? Sbamm, un bel calcio nei gioielli di famiglia. L’omuncolo incassava stoicamente il colpo, senza emettere il classico mugolìo di dolore? Sbamm, altro colpo di kick-boxing proprio li’.

Il capitano Barbabigia era un fine psicologo. Sapeva come trattare la gente.

Questo, solo per temprare il fisico. Poi iniziava l’addestramento vero e proprio: lezioni di combattimento all’arma bianca, uso delle armi da fuoco, uso dei cannoni di bordo, esercitazione di arrembaggio, pratica di borseggio su tram affollati, approvazione subdola della legge sul finanziamento pubblico dei partiti, aumento del bollo auto, insomma, un po’ di criminalità spicciola.

Dopodiché, alè: lezione pratica di stupro. Il cadetto doveva sfogare i suoi istinti (più o meno repressi, dipende dai casi) su un pupazzo di paglia riproducente le fattezze femminili, onde acquisire una certa competenza nel trarre soddisfazione propria dalla sofferenza altrui. Qualora il cadetto non riuscisse nel suo intento, sbamm, altra contusione podale alla regione scrotale.

Dopo molte prove col pupazzo, dopo averlo smandrappato per benino riducendolo alle dimensioni di un pouf, dopo aver scatenato la bestia e aizzato il porco sincero che dorme in ogni rude pirata, il cadetto aveva l’onore e l’onore di stuprare la sirena di legno della polena, che fendeva l’immensità azzurra dell’oceano con le sue immense poppe lignee (almeno una settima di reggipetto, a occhio e croce, se avesse avuto il reggipetto, cosa che non era, datosi che praticava il topless poiché la perfezione delle forme era assicurata dalla sodezza del materiale). Molti aspiranti pirati, nel tentativo di abuso libidinoso alla lignea donnona, cadevano goffamente in mare e venivano sbranati alacremente dagli squali: al vedere questa scena, il pirata Barbabigia si faceva delle gran ghignate.

Chi superava anche questa prova, poteva entrare a far parte a pieno titolo dell’equipaggio. Il più era fatto; ora il pirata medio doveva solo prestare un minimo di attenzione per evitare la peste, il colera, il beri-beri, la sifilide, lo scorbuto, i pidocchi, i topazzi rabbiosi della stiva, la leptospirosi, la pellagra, i cannibali delle isole Figi, le tempeste dell’Atlantico, i fulmini, il fetido rancio di bordo, i cacciatori di taglie, l’influenza, gli orecchioni, la rosolia.

Più di tutto, il Pirata medio doveva temere il Pirata Barbabigia, che quando non aveva niente da fare ammazzava uno dell’equipaggio con cerbottanate al curaro. Tanto per ammazzare il tempo, diceva lui.

Il Pirata Barbabigia faceva paura. Era alto due metri, aveva una benda all’occhio guercio, la gamba di legno, i denti marci con le cozze attaccate alle gengive, lo sguardo luciferino e infido, tatuaggi dappertutto e piercing a non finire. A completare l’orrendo aspetto, occhiali spessi da talpa, camicia azzurra e calzini bianchi di spugna.

Elenco completo dei Tatuaggi del Pirata Barbabigia. Sulla schiena, altezza scapole, una donna patanuda che sculettava tutte le volte che il Pirata Barbabigia rideva. Sui reni, due piccole donnine discinte che sculettavano tutte le volte che il Pirata Barbabigia faceva la pipì. Sotto la pianta dei piedi, due matrone in avanti con gli anni che sculettavano tutte le volte che il Pirata Barbabigia si sgranchiva gli alluci. Suoi polpacci, due donnine poppute che gli ballonzolavano tutte le volte che il Pirata Barbabigia faceva jogging. Sulla pancia, una sirena bellissima che sculettava tutte le volte che il Pirata Barbabigia mangiava i pop-corn. Sul petto, altezza cuore, una sirenetta bambina che si muoveva aggraziatamente tutte le volte che il Pirata Barbabigia era innamorato e il cuore gli batteva forte. Sui bicipiti, due sgualdrine smorfiose che ancheggiavano tutte le volte che il pirata faceva pugno per fare le analisi del sangue. Ogni movimento che faceva, il Pirata Barbabigia dava spettacolo. Difatti, faceva pagare il biglietto per guardarlo: era un film porno ambulante.

Aveva sempre il fido Cocoricò sulla spalla destra. Un pappagallo lercio, unto, spelacchiato, grasso come un tacchino, scemo come un pollo e matto come Cossiga. Si chiamava Cocoricò, come una balera della Riviera romagnola, perché sapeva ballare il lissio, mangiava le piadine e diceva “socmel!” quando ogni tanto il Pirata Barbabigia cercava di cucinarselo con le patate attorno e con il rosmarino piantato nel didietro.

Il Pirata Barbabigia girava sempre con due tizzoni fumanti piantati nella bandana, onde accrescere il raccapriccio che il prossimo provava nel vederlo. Aveva anche due tizzoni ardenti piantati nelle scarpe, due tizzoni piantati nelle orecchie e un po’ di diavolina accendifuoco su per il naso. Nella pipa, sempre e solo afgano nero, che si procurava dal Magro giù ai giardinetti.

capitano: pirata: indice

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